domenica 19 ottobre 2008

Solitudine e Silenzio

Spesso mi capita di pensare alla solitudine ed al silenzio nella mia nuova ottica. Per me, queste parole hanno assunto un significato del tutto nuovo da qualche tempo a questa parte. Come fa la maggior parte delle persone, pensavo che nel silenzio e nella solitudine ci sia solamente tristezza, vuoto e noia. Adesso ho capito che la misura in cui riusciamo a stare bene da soli e in silenzio, apprezzando noi stessi, le cose che ci circondano, la natura, è un indice del nostro benessere interiore; indica quanto stiamo bene con noi stessi e conseguentemente col mondo. Lo so, perchè non molto tempo fa, per me, stare da solo significava quasi morire. In realtà, come tutti, quando sono da solo entro in pieno contatto con me stesso, senza alcuna distrazione. Il mio stato d'animo di allora usciva fuori e riconoscendolo mi sentivo ancora peggio. Se ciò che coltiviamo dentro di noi è ira, invidia, rabbia, noncuranza, distrazione, possiamo stare certi che nel momento in cui staremo soli e in silenzio, questi stati negativi si riproporranno. Durante i momenti di solitudine e di silenzio scopriamo le fondamenta su cui basiamo la nostra vita, su cui costruiamo le relazioni interpersonali. Se queste fondamenta sono deboli come potrà crescere qualcosa di solido? Se le fondamenta invece sono forti, tutto quello che ne nascerà sarà qualcosa di robusto e solido. Occorre coltivare momenti di raccoglimento personali, in cui capire se stessi a fondo. Non si può passare la vita sfuggendo da se stessi. Tutto il mondo che ci circonda parte da noi stessi. Affrontare la vita nel migliore dei modi, significa comprendere la fonte da cui la vita stessa parte. 

sabato 18 ottobre 2008

Il Biscotto dell'infanzia

"Quando avevo quattro anni, mia madre mi portava un biscotto tutte le volte che tornava a casa dal mercato. Io andavo a mettermi sul praticello davanti casa, e me lo mangiavo con calma; per finire un biscotto a volte ci mettevo trenta o quaranta minuti. Ne addentavo un pezzetto, e guardavo il cielo sopra di me. Poi toccavo il cane con un piede e davo un altro morsetto. Ero contento di essere là, con il cielo, la terra, le canne di bambù, il gatto, il cane, i fiori. Potevo farlo perchè non avevo granchè di cui preoccuparmi. Non pensavo al futuro, non rimpiangevo il passato. Ero anima e corpo nel presente, col mio biscotto, il cane, le canne di bambù, il gatto e tutto il resto.
Possiamo consumare il nostro pasto con la stessa calma e la stessa gioia con cui, da bambino, mangiavo il mio biscotto. Forse credete che il biscotto della vostra infanzia sia perduto per sempre; io invece sono certo che è ancora lì, in un angolo del vostro cuore. Nulla è perduto, e se davvero lo volete, lo troverete. Mangiare in consapevolezza è un esercizio di meditazione fondamentale. Possiamo mangiare in modo da riportare in vita il biscotto dell'infanzia. Il presente è colmo di gioia e felicità. Guardate attentamente, e lo vedrete." 

"Thich Nhat Hanh"

sabato 27 settembre 2008

Senza scopo

"In Occidente, c'è una forte motivazione al successo. La gente sa cosa vuole e va dritta al suo scopo. Può essere utile, ma nel frattempo il piacere di vivere va perduto.
C'è un termine buddista che si può tradurre con 'senza desiderio' o 'senza scopo'. Significa non porsi alcuna meta da raggiungere, perchè dentro di sé c'è già tutto. Quando facciamo la meditazione camminata, non ci proponiamo di arrivare da nessuna parte. Ci limitiamo a fare passi sereni, lieti. Se pensiamo continuamente al futuro, agli obiettivi che vogliamo raggiungere, perdiamo i nostri passi. Lo stesso vale per la meditazione seduta. Ci sediamo per goderci la seduta, non per ottenere qualcosa. E' un punto molto importante. Ogni istante di meditazione ci restituisce alla vita, perciò quando ci sediamo dovremmo gustare la nostra seduta dal principio alla fine. Dovremmo mangiare un mandarino, bere una tazza di tè o praticare la meditazione camminata 'senza scopo'. Spesso ci diciamo: "Non restare a guardare, agisci!". Ma praticando la consapevolezza facciamo una scoperta insolita. Scopriamo che può essere più utile l'opposto: "Non agire soltanto, guarda!" Per vedere chiaramente, dobbiamo imparare a fermarci. Sulle prime, 'fermarsi' può sembrare una forma di resistenza alla vita moderna, ma non lo è. Non è una semplice reazione, è un modo di vivere. La sopravvivenza del genere umano dipende dalla nostra capacità di smettere di correre. Abbiamo più di cinquantamila bombe nucleari, eppure non riusciamo a smettere di produrne altre. 'Fermarsi' non implica solo arrestare il male, ma anche favorire il bene, la guarigione. Ecco lo scopo della nostra pratica: non eludere la vita, ma sperimentare e testimoniare che si può essere felici adesso come nel futuro.
Il fondamento della felicità è la consapevolezza. La condizione essenziale per essere felici è la coscienza di esserlo. Se non siamo consapevoli di essere felici, non lo siamo veramente. Quando abbiamo il mal di denti, sappiamo che non averlo è una cosa magnifica. Però, quando non abbiamo il mal di denti, ancora non siamo felici. Il non-maldidenti è un'esperienza piacevolissima. I motivi di gioia sono tanti, ma senza consapevolezza non sapremo apprezzarli. Praticando la consapevolezza impariamo a proteggere con amore queste cose belle. Prendendoci cura del presente, ci prendiamo cura del futuro. Lavorare per un futuro di pace è lavorare per la pace nell'attimo presente."

"Thich Nhat Hanh"

sabato 20 settembre 2008

Commento

Quando lessi per la prima volta il precedente sutra capii qual è il significato profondo della parola "apertura mentale". Il sapere che la propria opinione e la propria visione che si ha sul mondo riesce a spiegare soltanto la minima parte della realtà, conduce veramente ad una via di comprensione profonda che aiuta a capire che le altre persone hanno le stesse debolezze e gli stessi pregi nostri, che soffrono delle stesse situazioni e degli stessi schemi mentali limitativi nostri. L'apertura diviene il punto di partenza per alimentare la propria compassione che allevia l'intransigenza verso gli altri e verso noi stessi: la vera serenità e la vera felicità non possono iniziare che da qui...

Oggi, mentre pulivo cucina e bagno, mi sono accorto che il vero modo per scopare bene è farlo lentamente. Quando lo fai velocemente, per terra rimane sporco perchè un pò di sporcizia scappa attraverso le setole della scopa. Mi sono accorto della stessa cosa passando lo straccio. Mentre pulivo, ascoltavo anche una delle mie canzoni preferite, "Diamante" di Zucchero. Da un pò di tempo ho capito anche che il miglior modo per ascoltare la musica è farlo concentrandosi sulla musica stessa, rallentando interiormente, rilassandosi... In questo modo riesci veramente a percepire quello che l'artista desiderava trasmettere quando ha creato la canzone. Ho capito anche che il miglior modo per imparare l'inglese è ascoltare attentamente le persone che sanno già parlare la lingua, ed il miglior modo per ascoltarlo attentamente è rallentare interiormente, dedicando tutto se stessi al discorso proferito dalla persona che ti sta accanto. Ho capito che comprendere profondamente significa avere compassione; se c'è vera compassione questa si dimostra non solo verso gli altri, ma verso se stessi. Rallentare ci aiuta a capire più profondamente e ad alimentare la compassione. Quando siamo veramente compassionevoli verso noi stessi, tutti i pensieri negativi, oppressivi, che inducono in noi frenesia, si dissolvono. Dissolvendosi, permettono a noi stessi di sintonizzarci a pieno sull'oggetto della nostra contemplazione, come ad esempio l'ascolto di una lingua nuova, il discorso di un amico, lo studio e tante, tante altre cose...

martedì 16 settembre 2008

Il sutra sull'apertura mentale

"C'era una volta un saggio re che invitò a palazzo alcuni ciechi dalla nascita. Fece venire un elefante e chiese che lo toccassero e lo descrivessero. Il cieco che aveva toccato le zampe disse che un elefante assomiglia ai pilastri di una casa. Quello che aveva toccato la coda, disse che assomiglia ad uno spolverino di piume. Quello che aveva toccato le orecchie, lo paragonò ad un setaccio per vagliare; quello che aveva toccato la testa, a un grande vaso di terracotta, quello che aveva toccato lo stomaco, a un barile; quello che aveva toccato le zanne, a un bastone. Quando sedettero per concordare la descrizione dell'elefante nessuno riuscì ad accordarsi con gli altri, e ne nacque una lite furibonda.
"Bhikku, ciò che udite e vedete costituisce una minima parte della realtà. Se lo riterreste tutto il reale, ne avreste una visione distorta. Chi segue la Via mantiene un cuore umile e aperto, sapendo che la sua comprensione è incompleta. Dobbiamo applicarci sempre più a fondo per progredire nel sentiero. Un seguace della Via conserva l'apertura mentale, sapendo che attaccarsi alle opinioni che nutre momentaneamente come se costituissero la verità assoluta ostacola la comprensione della verità. Umiltà e apertura mentale sono i due requisiti necessari a progredire lungo il sentiero."

"Siddhartha Gautama, Il Buddha"